Palestinesi contro. L’attentato al premier Ismail Haniyeh visto dalla stampa italiana.

A cura di Alessandro Di Paola

 

Spirano venti di guerra civile sulla striscia di Gaza. L’escalation delle rappresaglie tra militanti di Hamas e di Fatah degli ultimi giorni non consentono ai palestinesi di dormire sonni tranquilli. Uno degli episodi di maggior clamore dei giorni scorsi è stato l’attentato al premier di Hamas, Ismail Haniyeh.

All’indomani dell’evento, alcuni quotidiani italiani hanno mostrato perplessità sulla fondatezza della notizia. Il Manifesto ha infatti scritto: “Probabilmente l'attentato al premier Ismail Haniyeh non c'è stato, perché chiunque pensasse di ucciderlo deve mettere in conto una reazione mortale”; anche l’articolo del Giornale sembra mostrare la stessa tendenza, parlando di un “presunto attentato”. D’altronde, stando a quanto dichiarato dallo stesso presidente palestinese Abu Mazen«I fatti sono stati rovesciati per sostenere che c'era una cospirazione» ( Il Sole 24 Ore) e in proposito Il Messaggero rincara, riportando la versione di Fatah secondo cui “<<non c’è stato attentato>>”, mentre La Repubblica parla di un Abu Mazen che si è detto "dispiaciuto" per i tiri che ieri hanno colpito il convoglio del premier di Hamas Ismail Haniyeh presso il valico di Rafah.

 Insomma, Hamas in questo caso gioca la parte dell’accusatore e Fatah quella dell’accusato. Sul banco degli imputati per aver organizzato l’attentato in realtà vi è il braccio destro di Abu Mazen nei territori della striscia di Gaza, vale a dire Mohammed Dahlan. Il Messaggero infatti scrive che “Hamas non ha dubbi: l’ordine di sparare è venuto da Mohammed Dahlan, ex capo della sicurezza preventiva, uomo forte di Fatah a Gaza, considerato vicino ai servizi segreti americani e ai britannici”. Medesimo contenuto di ciò che viene espresso a riguardo sul Corriere della Sera “<<sono state le guardie del presidente, Forza 17, a sparare>>”.  Il convoglio su cui viaggiava il »premier Ismail Haniyeh, proveniente dall’Egitto, è stato infatti bloccato al valico di Rafah, “quando gli israeliani avevano saputo che stava trasportando 35 milioni di dollari, raccolti nel tour colletta tra Qatar, Iran e Sudan. Per poter passare, Haniyeh ha dovuto lasciare il contante in Egitto e il denaro è stato affidato alla Lega Araba” (Corriere della Sera). Relativamente a ciò, Il Giornale insinua che “probabilmente il presidente palestinese Abu Mazen era in sintonia con gli israeliani per non fare arrivare soldi freschi nelle casse esangui del governo di Hamas”. A quanto pare, il mezzo su cui si trovava il premier è stato attaccato dopo essere rimasto bloccato al valico di Rafah per 8 ore, da un gruppo di “cecchini” i quali sembra abbiano agito in “maniera pasticciona”(Il Giornale). Nello scontro a fuoco è rimasta uccisa una guardia del corpo di Haniyeh, mentre suo figlio e un consigliere sono rimasti feriti. Tuttavia stando a quanto dichiarato dal quotidiano La Stampa il fatto di sangue si sarebbe svolto diversamente “ In nottata, quando Haniyeh ha infine avuto via libera, il suo ingresso a Gaza è stato accolto da spari di gioia. I suoi guardiani hanno avuto l'impressione che fosse in pericolo di vita e hanno sparato sulla folla. Superato il valico, Haniyeh ha scoperto che aveva sulle gambe il corpo inerte di una guardia del corpo”. Scenario simile è quello delineato dall’articolo di Repubblica.

Si infittisce quindi il mistero su come si sia svolta davvero la vicenda, visto che ad esempio Il Mattino riporta: “Secondo Hamas, proprio la guardia presidenziale di Abu Mazen avrebbe ordito l'attentato a Haniyeh. Ma un dirigente di al-Fatah, Jamal Nazzal, ha negato che giovedì ci sia stato alcun attentato. «La verità è che a Rafah sono stati solo i miliziani di Hamas a sparare. Sono loro che sono penetrati a centinaia nel valico e lo hanno devastato»”. Quindi, nonostante i dubbi sulla paternità e la dinamica dell’attentato siano effettivi, i capi di Hamas hanno espresso la loro convinzione che l’attacco ad Haniyeh sia stato organizzato da Dahlan. Dopo il fatto di sangue infatti si è riunita la Shura, il consiglio religioso di Hamas, il quale è stato irremovibile e secondo fonti di Gaza ha spiccato in segreto sentenze di morte contro otto dirigenti di Al Fatah fra cui Mohamed Dahlan e Samir Mashrawi” (La Stampa). Ecco quindi la possibilità concreta che l’inizio di una guerra civile tra opposte fazioni sia sempre più vicino. E’ vero che Ismail Haniyeh nel suo intervento allo stadio Yarmuk di Gaza in occasione delle celebrazioni per l’anniversario della fondazione di Hamas si è espresso in toni moderati, come enunciato dal Corriere della Sera “solo il premier [...] prova a parlare di «unità nazionale» e invita «a non spargere sangue palestinese»”, e riguardo all’attentato di cui sarebbe stato vittima, avrebbe dichiarato di aver scelto Hamas con lo scopo di sacrificarsi alla causa islamica e non per diventare un ministro. Ma se le parole del premier hanno cercato quindi di non gettare benzina sul fuoco, lo stesso non si può dire per altri esponenti del movimento. Infatti “un dirigente degli islamici, nel corso di un affollato raduno a Gaza, ha esclamato: «Abu Mazen ha proclamato guerra contro Allah e contro il volere del popolo palestinese» ( Il Tempo). La diplomazia cui aspira il presidente palestinese Abu Mazen sembra essere poco gradita ai fondamentalisti di Hamas, sia per il perseguimento di una politica di avvicinamento ad Israele, sia per la paventata possibilità di elezioni anticipate per l’elezione di un nuovo parlamento palestinese.